Roma, si sa, è senza freni inibitori. Una città lunatica, alla quale basta un niente per accendere o spegnere il fuoco che le brucia dentro. Quella della Capitale può certamente definirsi una piazza umorale, spesso l'eccessiva esaltazione ha nascosto le problematiche e ha giocato brutti scherzi a chi vedeva solo la luce senza rendersi conto degli angoli bui. José Mourinho, nonostante una rosa più forte e pronta rispetto allo scorso anno, in cuor suo è consapevole delle difficoltà che busseranno alle porte di Trigoria. 

Lo Special One sta spingendo tanto sull'empatia tra squadra e tifosi proprio perchè sa che quando ci sarà da valicare un ostacolo ci sarà bisogno anche della spinta del pubblico giallorosso, quello stesso pubblico che si conquista, ancor più che con i risultati, con la tigna, la grinta, la determinazione, l'attaccamento, la passione, l'unità di intenti. Presidenti, dirigenti, squadra, staff, allenatore. Tutti remano nella stessa direzione e per questo la Roma giocherà sempre per vincere e convincere, ma non sempre riuscirà a farlo. Nessun facile entusiasmo quindi, "perchè 6 vittorie non sono 60". Il tecnico portoghese vuole portare equilibrio, vuole fare in modo che quel filo che oscilla da sempre tra le stelle e le stalle trovi una condizione più stabile, una via di mezzo. 

Quando parliamo di José Mourinho parliamo dell'allenatore più titolato della Serie A, il tecnico con la percentuale più alta di vittorie nell'attuale palcoscenico della massima serie italiana. L'effetto Mou è evidente anche per questo, perchè una serie di successi simile non è mai frutto del caso. Nell'aria si percepisce qualcosa di nuovo e di diverso, lo si percepisce anche dalle recenti dichiarazioni di Lorenzo Pellegrini: "Quest'anno c'è qualcosa di speciale a Trigoria, è la strada giusta per vincere". Questa sensazione non è data dalle sei vittorie consecutive di quest'inizio di stagione, ma dalla percezione che ne ha lo Special One. Anche dopo un risultato rotondo come il 5-1 di giovedì ai danni del CSKA Sofia, il mister ha voluto premere il tasto su ciò che non è stato fatto e su ciò che sarebbe potuto andare meglio. Il segnale, a squadra e tifosi, è piuttosto chiaro: "Non abbiamo ancora fatto niente". Questione di mentalità, quella che i tanti allenatori degli ultimi anni non sono mai riusciti a trasmettere. 


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