Se è vero che una rondine non fa primavera, è anche vero che a volte di rondini ne bastano solamente un paio in più. Le tantissime assenze, che nell'ultimo match contro l'Hellas Verona hanno decimato la Roma, si sono rivelate paradossalmente un beneficio. I giallorossi sono scesi in campo dal primo minuto schierando otto titolari su undici, con Kumbulla, Cristante e Felix Afena-Gyan al posto degli indisponibili Mancini, Mkhitaryan e Zaniolo.

La panchina è stata totalmente rivisitata, considerate anche le diverse assenze tra i giocatori che solitamente José Mourinho fa subentrare nel corso della gara. Di beneficio si è trattato, perché si fa fatica a credere che qualcuno della rosa della Roma avrebbe potuto fare meglio di coloro che sono subentrati. Il primo tempo della sfida contro gli scaligeri è stato un film visto e rivisto, al quale i tifosi romanisti, soprattutto nell'ultimo mese, si sono abituati. 
Possesso palla lento, sterile, privo di giocate di qualità, di intensità, di forza, di certezze. La mancanza di personalità ha prevalso sulla tecnica individuale, anche le cose più semplici si sono rivelate più complicate del previsto. I rifiuti alla verticalizzazione, al dribbling, alla giocata di prima intenzione e al rischio sono la diretta conseguenza di un'identità di gioco che non esiste.
Attributi cercasi.

Se nel primo tempo molti dei tifosi si sono interrogati per l'ennesima volta sul tatticismo, sui metodi e sulle responsabilità di Mourinho, nella seconda frazione di gioco Zalewski, Volpato e Bove hanno fornito una risposta. Lo spirito giusto, la carica giusta, la mentalità giusta e la giusta dose di pressione hanno permesso ai tre sopraccitati di caricarsi la Prima Squadra sulle spalle e di trascinarla, attraverso delle buone trame di gioco e dei buoni spunti, ad un pareggio ormai insperato. Sembra difficile, a questo punto, credere che le responsabilità di Mourinho pesino di più di quelle di chi scende in campo. 

La cattiveria nel sinistro di Volpato, l'intelligenza nel destro di Bove e l'imprevidibilità nei movimenti di Zalewski hanno rappresentato tre caratteristiche che alla Roma di quest'anno sono mancate troppo spesso. I punti che dividono i giallorossi da un piazzamento in Europa sono relativamente pochi, le giornate che li dividono dal termine del campionato sono ancora dodici. C'è ancora lo spazio per rimediare, ma i margini d'errore sono minimi e le prestazioni restano a dir poco preoccupanti. 

Urge una scossa.


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