Questi i titoli di alcuni dei maggiori quotidiani italiani di oggi:

Leggo: "Una vergogna". In effetti è difficile trovare un'altra parola per commentare il gesto squallido avvenuto ieri a Roma. Francesco Totti ha attaccato pubblicamente gli autori del saccheggio della tomba di Daniel Guerini, che hanno rubato tutti i cimeli messi in ricordo del giocatore della Lazio, scomparso lo scorso marzo dopo un incidente stradale sulla Palmiro Togliatti. Un dramma che aveva scosso tutto il mondo del calcio, e non solo.  Lo storico capitano della Roma, attraverso una storia Instagram, ha scritto un secco "Vergognosi". Anche Immobile ha condiviso il suo disappunto sul proprio profilo social: "Guero perdonali non sanno quel che fanno. Sconcertante, senza un briciolo di umanità. Che vergogna!”. Durissima poche ore prima la reazione della mamma Michela, che sui social ha esternato tutta la sua rabbia: «A te brutto indegno/a che ti sei permesso/a di rubare sulla tomba di Guero ti auguro tutto il male del mondo! Una sciarpa, uno scudetto e un aquilotto. Se me lo chiedevi ti ci ricoprivo. Occhio che c’è qualcuno che vede tutto».Sui social, diversi ex compagni e amici di Daniel hanno condiviso l’appello della mamma affinché le maglie e le sciarpe vengano riconsegnate. Un appello condiviso dalle tifoserie di Roma e Lazio, e ora anche da due simboli assoluti dei club. Basterà per far tornare un po’ di umanità?

La Gazzetta dello Sport: Sold out a Napoli, a Milano, a Roma. Il campionato riprende e la voglia di calcio ora si fa sempre più forte. Il traguardo del 50 per cento della capienza è vicinissimo per Napoli-Juve di oggi (27mila spettatori), Roma-Sassuolo (29mila) e Milan-Lazio di domani (poco meno di 38mila, ed è partita bene anche la campagna per la sfida con l’Atletico Madrid). Si torna a usare la parola pienone, ovviamente nei limiti del consentito. Numeri che rilanciano la richiesta che viene dal mondo del calcio di aprire di più. Se il green pass è un modo per tornare sempre di più alla normalità, questo il ragionamento, il 50 per cento è davvero una maglia troppo stretta per gli stadi. Una tesi che, questa è la novità delle ultime ore, è condivisa anche da un bel pezzo della maggioranza che sostiene il governo Draghi, almeno a giudicare dagli emendamenti per la conversione in legge del decreto green pass bis presentati nelle ultime ore alla Camera. Combinare il rispetto di tutte le misure anti Covid previste per gli stadi (che in qualche caso è mancato, diciamoci la verità) con un aumento della capienza massima in zona bianca potrebbe essere la chiave di volta della discussione che si aprirà da lunedì in commissione Affari Sociali. Il Pd ha riproposto quanto aveva già presentato un mese fa con l’emendamento di Patrizia Prestipino, Andrea Rossi e dell’ex ministro dello sport Luca Lotti: passare dal 50 al 75 per cento negli stadi e dal 35 al 50 nei palazzetti. Cifre identiche a quelle dell’emendamento di Simone Valente dei 5 Stelle e di Daniele Belotti e altri nove deputati della Lega. Queste spinte dovrebbero aiutare Valentina Vezzali a tornare alla carica per chiedere un aggiornamento del testo convincendo il ministero della Salute e il Cts. Se ne parlerà sicuramente anche al consiglio nazionale del Coni in programma martedì con la presenza della sottosegretaria allo Sport. E con le ragioni del calcio, che è presente nella giunta esecutiva con il suo presidente Gabriele Gravina, chiederanno una svolta in fretta anche basket e volley. "Non si può perdere altro tempo. Per molti club questi incassi significano la sopravvivenza", dice il presidente della pallacanestro, Gianni Petrucci. L’obiettivo è quello di poter raggiungere la capienza massima consentita nei cinema, quindi il 50 per cento. E la speranza è che già dalla prima giornata di campionato (il 25 settembre si parte con l’anticipo del Palabarbuto fra la neopromossa Napoli e l’Olimpia Milano) possa arrivare una svolta positiva. La partita, però, si dovrà giocare decisamente in fretta. Considerando i tempi della conversione e una breve interruzione dei lavori delle Camere per la fine della campagna elettorale per le amministrative, è probabile che il lavoro in Commissione debba chiudersi in 6-7 giorni per poi portare il provvedimento in Aula subito dopo (prevedibile che dopo le modifiche a Montecitorio il testo arrivi blindato al Senato). La prossima settimana sarà decisiva.

Il Messaggero: Il leone è un animale territoriale, difende la porzione di savana in cui ha deciso di vivere con tutti i mezzi, a cominciare dai ruggiti, per dissuadere iene e nemici vari. Anche José Mourinho è un allenatore territoriale. Nella sua filosofia, la costruzione della propria forza passa necessariamente dalle partite in casa, dove una squadra deve erigere il suo fortino, e attraverso quello scudo psicologico farsi grande. Questo è il nostro campo, dice José, questo è il nostro stadio e quella è la nostra gente: quindi gli altri non devono passare, non possono vincere nemmeno per sbaglio, soffriranno tanto per evitare la sconfitta. Anche così si edifica l’autostima. Oggi gli stadi non sono quei pentoloni fiammeggianti di una volta, spesso buona parte del pubblico è distratta da telefonini e selfie, il tifo non è più così partecipe. Ma il ruggito leonino e l’afflato della folla, per Mourinho, sono parti indispensabili del programma. Il fatto che i tifosi della Roma rispondano all’appello, col tutto esaurito contro il Sassuolo (rispetto alla capienza consentita, s’intende) e quasi certamente pure col Cska Sofia, non potrà che far piacere allo Special, lui si attende tanta gente e molto vicina ai giocatori, ne ha proprio bisogno. Il suo orgoglio è il curriculum di 25 successi tra campionati e coppe, ma anche l’ingresso nel 2015 nel Guinness dei primati per il suo record di gare di campionato senza sconfitte in casa tra il febbraio 2002 e l’aprile 2011. Oltre 9 anni e 150 partite, tra un Porto-Beira Mar 2-3, lui appena arrivato al Porto, e un Real Madrid-Sporting Gijon 0-1. In mezzo, 125 vittorie e 25 pareggi. L’allenatore dello Sporting che interruppe la serie si chiamava Manolo Preciado: morì 14 mesi dopo, per un improvviso malore. Nei tre anni a Madrid, José perse tre volte al Bernabeu: due il primo anno, una nel secondo (contro il Barcellona) in cui vinse la Liga e nessuna nel terzo. Poi tornò al Chelsea, perse una volta a Stamford Bridge il primo anno e nessuna nel secondo. E appena tre sconfitte a Old Trafford (due da Guardiola col City) nei due anni completati al Manchester United. Nelle 14 stagioni intere in cui ha guidato una squadra, JM ha vinto 8 campionati, e su 53 sconfitte totali appena 7 sono arrivate in casa. E’ imbattuto in casa in Italia: 39 partite senza sconfitte, a due gare dal record di Allegri, 41. Chi era con lui nei due anni all’Inter, ricorda che in realtà la preparazione meticolosa delle partite era la stessa: cura maniacale dei dettagli, orari, riunioni e discorsi motivazionali non mutavano, tra gare in casa e trasferta. Ma a San Siro la squadra riusciva ad esprimere sempre un qualcosa di feroce e di intimidatorio, grazie anche alla spinta del pubblico, e gli avversari in qualche modo lo avvertivano. Si era creato un circolo virtuoso, per così dire. Era difficile, anzi raro, che qualcuno andasse in vantaggio in casa dell’Inter. Quelle poche volte, la pagava cara: chi osava segnare per primo, poi perdeva la partita, altro che strappare un pareggio. Un reduce di quegli anni ci racconta che dentro di loro c’era una convinzione strana, erano sicuri che se fossero andati in svantaggio avrebbero recuperato senz’altro, e con gli interessi. Memorabile quell’Inter-Siena del gennaio 2010, i toscani addirittura due volte avanti, 1-0 e 3-2: eppure in qualche modo finì 4-3 per l’Inter, gol vittoria di Walter Samuel spostato a centravanti. In semifinale Champions, il Barça andò avanti con Pedro: San Siro e una squadra di fenomeni emotivi ribaltò fino al 3-1. Una volta, una sola, il pareggio in casa fu per l’Inter di Mourinho quasi un successo. Nella famosa serata delle manette di José, Inter-Sampdoria del febbraio 2010. L’arbitro Tagliavento espulse nel primo tempo Samuel e Cordoba per falli su Nicola Pozzi che cadeva un po’ facilmente: ma un’Inter feroce ghiacciò la partita, José fece il gesto delle manette per dire “arrestatemi pure, ma la mia squadra non perderà neppure in 9”, mandò il pubblico in delirio, tenne il pari, indusse Tagliavento ad espellere almeno il doriano Pazzini. Ma i giocatori non erano contenti, in casa volevano sempre vincere, si sentivano frustrati. Così a fine partita, nel tunnel, il tenero Pozzi provò gran dolore per aver rovinato la serata interista, ne portò i segni addosso per un po’. Cambiasso, il giustiziere, fu squalificato per due giornate. Poco male, l’importante fu il messaggio: a casa di Mourinho, certe cose non si devono fare.

 


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