Il vento di Bodø è gelido, la doccia in campo e negli spogliatoi è freddissima. Il clima è glaciale in Norvegia, ma è infuocato a Roma. L'umiliazione di ieri sera ha scosso il popolo giallorosso che, anche e soprattutto sui social, ha espresso il proprio malcontento scaturito da un risultato storico. La sconfitta più cocente della storia recente dell'AS Roma è arrivata con uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio seduto sulla panchina romanista. Il paradosso, nella Capitale, non è più una novità da tempi immemori.

Se qualcuno stava cercando delle risposte sul perché la Roma ad oggi sia una delle squadre con meno cambi effettuati in Serie A, José Mourinho, volontariamente o meno, quelle risposte le ha palesate. Il turnover massiccio, forse eccessivo, ha messo in mostra i limiti evidenti di una rosa incompleta e non ancora all'altezza dei molteplici impegni da affrontare. Chi è stato chiamato a dare una dimostrazione di forza, è calato così tanto nelle gerarchie da non rientrarci nemmeno più. Il segnale lanciato dal tecnico portoghese è piuttosto chiaro: c'è un primo gruppo e c'è un secondo gruppo. Ci sono figli e ci sono figliastri. La dolorosa verità è venuta a galla, ad oggi riesce anche piuttosto facile definirla assoluta. Ora il quesito si fa spazio nella testa dei tifosi giallorossi: "A cosa, e soprattutto dove, ci porterà tutto questo?"

Spesso è il tempo a svelare le soluzioni dei misteri più intricati. Tiago Pinto ha recepito il messaggio, a gennaio non ci sarà tempo e non ci sarà modo per stare fermi. In entrata e in uscita qualcosa si muoverà, forse anche più di qualcosa. Gli esami sembrano essere già finiti. I promossi resteranno sui banchi della scuola dello Special One, i bocciati lasceranno i compagni e ne troveranno di nuovi. Le domande sono poche e c'è poco spazio per gli errori. Il livello della classe successiva, per alcuni, è evidentemente troppo alto.


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