Strapotere fisico disarmante, facilità di corsa irrisoria, freddezza e abilità tecnica di un veterano e forte attaccamento ai colori: facile, fisiologico, di questi tempi, per gli appassionati italiani del gioco del calcio, specialmente se provenienti dalla capitale, innamorarsi di Nicolò Zaniolo. In un'epoca sportiva che a Roma vede regnare il malumore, nella quale innamorarsi della lupa è meno facile del solito e in cui i tifosi, nel guardare le partite, si concentrano ormai più sulle magliette che su coloro i quali le indossano (troppo spesso non all'altezza); nell'epoca del disincanto, insomma, ecco che Zaniolo appare come una piacevole voce fuori dal coro, in grado di rianimare l'ormai abitudinaria e rassegnata voglia di calcio del pubblico romanista. Nicolò è quel calciatore che il tifoso giallorosso omaggia invocandone il nome proprio anziché il cognome per una giocata, come spettava alla romanità della storia recente; forse perché lo si è visto muovere i primi passi e mostrare con straordinaria precocità il suo talento, forse per la necessità profonda di colmare il vuoto lasciato dai tanti campioni salutati, certamente perché, in un momento storico arido di soddisfazioni, Nicolò è senz'altro una fonte di felicità, un appiglio, il nostro vanto.

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